I MORIBONDI DEL PALAZZO CARIGNANO

26.06.2012 08:16

“I  moribondi del Palazzo Carignano”, di Ferdinando Petruccelli della Gattina. A cura di Beppe Benvenuto, pp 147, euro 15,00.

“Impresi il mio lavoro per distrarmi dalle noie delle sedute, ove non si trattano che affari di campanile. Il mestiere di deputato, a farlo con coscienza, e’ un mestiere a rendere cheto anche l’uomo lo più svegliato, a capo di tre anni!”

 

Tra i  deputati del primo Parlamento del nuovo Regno d’Italia  indetto da Vittorio Emanuele II il 18 febbraio 1861 al Palazzo Carignano di Torino, vi e’Ferdinando Petruccelli della Gattina, politico di lungo corso che tratteggia pungentemente, al limite della caricatura, i personaggi che lo compongono. Appunto i 443 “moribondi” di recente celebrati in occasione del cento cinquantenario dalla nascita del Regno.

La Camera intera nasce come casta, “che si preoccupa dei balli di corte, viaggia gratuitamente e non paga le spese postali”. Perché la medaglia parlamentare e’ di per sé  un passaporto per ogni tipo di privilegio. I deputati sono banchieri, magistrati, duchi, cavalieri, milionari; vi e’ persino un musicista, Giuseppe Verdi. Nessuna traccia del popolo e dei giovani.

Spara a zero giudizi sui fondatori del Regno d’italia.  Garibaldi e’ un burattino tentennante, il Conte Cavour e’un grande diplomatico senza capacità amministrative ed insulso come uomo; Minghetti un modesto mediatore in balia della mazza della pubblica opinione, Scajola scrive molto bene pensieri altrui, Crispi un incollocabile senza idee che vorrebbe brillare di luce propria, La Marmora  che non capisce nulla di politica “per lui la politica e’ cinese”. Ed ancora un Ricasoli arido, protestante intransigente e particolarmente corruttibile, il Rattazzi un piemontese bigotto mai andato oltre Torino . E così via verso l’abbattimento degli eroi del Risorgimento.

Questo battitore eclettico, scomodo e senz’altro dotato di un potente ego denuncia una democrazia che nasce già malata; le crepe profonde del sistema politico furono un cancro per lui immediatamente palese.  Focoso, intelligente e bizzarro fu giornalista per “La presse” sino alla sua espulsione dalla Francia per antibonapartismo, visse poi in Inghilterra. Queste esperienze lo forgiarono al punto di ritenersi, insieme con Edoardo Scarfoglio l’unico giornalista italiano dell’800 di stampo europeo.

L’opera e’ davvero discutibile, perché eccessiva.  Noi però all’epoca non c’eravamo, ed abbiamo l’opportunità di  leggere un articolo di un free lance del 1862  che, per quanto eclettico o sopra le righe offre un attualissimo spunto di riflessione: cosa e’ davvero cambiato da allora? Forse niente; dopo 150 anni siamo arenati nelle stesse crepe, impantanati  nello stesso fango, soggiogati da una corruzione sdoganata a testa alta.

Qualcosa  io credo sia cambiato - ed e’ solo il mio parere su questo piccolo capolavoro di critica politica- e cioè che la maggior parte dei deputati di oggi non sarebbe degno di lustrare le scarpe ad un Minghetti,  ad un Cavour piuttosto che a un Garibaldi.