Enciclopedia dell'anima russa -Erofeev

23.07.2012 07:23

L’enciclopedia dell’anima russa, di Viktor Vladimirovic Erofeev, scrittore, critico letterario e giornalista sovietico,Edizioni Spirali, pagine 293, euro 25,00.

Un’analisi acutissima scritta in forma di romanzo, sospesa tra realtà concreta e finzione letteraria con una scrittura cruda, caleidoscopica e visionaria che ci introduce ad un concetto difficile da comprendere: la Russia è una parola, uno stato d’animo onirico prima ancora che un luogo geografico; qualcosa che si ama al punto da doverla disprezzare. Qualcosa che si ama per quello che non è. Qualcosa che non si ha il coraggio di desiderare diversamente da quello che è.

Con un atto di disvelamento metalinguistico, Erofeev sceglie di raccontare la sua Russia con l’ironia come modello possibile di concettualizzazione, ed utilizza la satira la metafora e l’allegoria per parlare di sé e del protagonista del romanzo, il Grigio, stereotipo del degrado assoluto partecipato da un intera nazione che sceglie la vodka come nutrimento della rassegnazione.

Non esiste un’universalità della risata, ogni cultura ha i suoi modi, Erofeev intride il romanzo di sarcasmo accentuando la derivazione dell’ironia sovietica, ispirata principalmente dalla contrapposizione tra l’oggetto e la sua rappresentazione; l’ironia diventa il futuro del dramma.

Erofeev descrive la  Russia attraverso la caricaturizzazione dell’ideologia comunista, raccontando le piccole miserie quotidiane di una società in declino, tra infamie, paradossi ed assurdità dove ogni ideologia e’ stata annientata da Mtv, dalla Playstation, da una primavera virtuale e dalla Pepsi, anzi la P., la bibita della libertà.

Terra di nessuno fatta di stracci di totalitarismo e assaggi di liberalismo, una vera insalata russa dove i singoli ne escono sempre ladri, cafoni, sporchi, pigri, ignoranti e truci. “I russi vanno bastonati, fucilati, spiaccicati al muro, altrimenti smettono di essere russi”. La nostalgia della Patria e’ molto più patria della Patria stessa e i russi si riempiono di utopia “come fosse pus”.

Il russo, continua Erofeev, ammira la morale ma non la applica perché non ne trova fondamento, semmai si avvale di una morale mobile che si adatta alle circostanze; essere normale significa essere ubriaco di vodka e marxismo, la goffaggine diventa raffinatezza e la cenciosità uno stile di vita, la spiritualità solo la manifestazione della catena delle riforme fallite. Il menefreghismo del volgo ed il cinismo dei ceti alti celebrano  quotidianamente la morte della Russia.

Per essere adeguati a questa nazione occorre trasformarsi nell’emanazione plenipotenziaria della barzelletta ed il russo vive dentro la barzelletta, unico strumento per addomesticare una Russia costruita con il Lego, fatta di uomini mansueti ma capaci di tutto.

Il lato pittoresco è che il potere russo ha sterminato fondamentalmente la propria gente, non gli estranei o i nemici. Ivan il Terribile è assunto ad eroe Rinascimentale, la disperazione ad eroismo ed il dispotismo come compimento del sadismo di un popolo intero creato per le preghiere e l’infelicità.

Eppure l’autore, “russo fino al midollo” che non ha risolto il problema della Russia nemmeno per sé  confessa l’attrazione malata verso questa gelida terra che ammalia, e che non si può  capire se non rilassandosi, togliendosi i pantaloni, indossare una calda vestaglia, stendersi sul divano ed addormentarsi.

Un trattato irriverente, amaro e dissacrante con forti richiami alla Letteratura dell’Assurdo di Gogol, quella per cui si arriva a sostenere che nulla fa più ridere della realtà.

Il testo e’ pressocchè introvabile in Russia e le poche copie sopravvissute al regime hanno decuplicato il prezzo. Godiamoci il privilegio di leggerlo, sosterremo uno scrittore audace e controcorrente; apprezzeremo la nostra presunta libertà di stampa ed impareremo nuove cose riflettendo.

Il romanzo e’ impegnativo, ma imparare senza riflettere e’ fatica sprecata.